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Il settore artigiano in Veneto è in caduta libera. Negli ultimi dieci anni la regione ha perso quasi 44.500 artigiani, passando dai 186.398 del 2014 ai 141.958 del 2024: un crollo del 24%. Solo nell’ultimo anno la contrazione è stata di oltre 7.500 unità (-5,1%). A lanciare l’allarme è l’Ufficio studi della CGIA, che ha elaborato i dati INPS.
Un fenomeno che non riguarda solo il Veneto: in Italia tutte le regioni registrano cali consistenti, con punte drammatiche in Marche (-28,1%), Umbria (-26,9%), Abruzzo (-26,8%) e Piemonte (-26%). Più contenute, invece, le perdite nel Mezzogiorno, sostenuto dai lavori legati al PNRR e al Superbonus 110%.
Il calo degli artigiani rischia di avere conseguenze dirette sulla vita quotidiana. Già oggi non è semplice trovare idraulici, elettricisti o fabbri disponibili per piccoli interventi di manutenzione: fra dieci anni, avverte la CGIA, sarà un’impresa quasi impossibile.
Tra i fattori principali ci sono l’invecchiamento della popolazione artigiana e il mancato ricambio generazionale, la concorrenza della grande distribuzione e del commercio online, la burocrazia, il peso di tasse e affitti. Non meno rilevante il cambiamento delle abitudini dei consumatori, sempre più orientati verso prodotti in serie e “usa e getta”, a discapito del lavoro su misura e delle produzioni artigianali di qualità.
Il calo è stato accentuato anche dai processi di fusione e acquisizione d’impresa che, pur riducendo il numero di botteghe, hanno favorito la crescita dimensionale e la produttività in alcuni comparti, come trasporti, metalmeccanica e moda.
Non tutti i comparti artigiani, però, sono in crisi. Continuano a crescere parrucchieri, estetisti, tatuatori, gelaterie, gastronomie, pizzerie da asporto e professioni legate all’informatica e al digitale, come sistemisti, video maker ed esperti di social media.
Secondo la CGIA, la svalutazione culturale del lavoro manuale ha pesato enormemente. Per rilanciare il settore serve riportare al centro l’istruzione professionale e rafforzare il legame scuola-lavoro, superando la percezione degli istituti tecnici e professionali come scuole “di serie b”.
Le botteghe e i piccoli negozi sono vitali per la vita delle comunità locali, soprattutto nei borghi e nei centri storici. Per questo la CGIA propone l’introduzione di un “reddito di gestione delle botteghe” nei comuni sotto i 10.000 abitanti, così da sostenere chi mantiene viva la tradizione artigiana e contribuisce alla qualità urbana.
Il Parlamento sta lavorando a una revisione della legge quadro sull’artigianato (n. 443 del 1985), con l’obiettivo di rendere più flessibile il settore. Tra le novità: vendita diretta dei prodotti alimentari, ampliamento dei consorzi anche con Pmi non artigiane, un fondo biennale da 100 milioni di euro per l’accesso al credito e l’innalzamento del tetto occupazionale da 18 a 49 addetti.
La provincia più in sofferenza è Rovigo, con un calo del 31,4% in dieci anni (-2.905 artigiani). Seguono Verona (-27%, -9.726) e Padova (-24,3%, -9.130). Venezia registra la riduzione più contenuta (-20,3%, -5.552), mentre Treviso è la provincia più colpita nell’ultimo anno (-6,1%, -1.720).
Un quadro che mette in evidenza come il mestiere dell’artigiano, fondamentale per il tessuto economico e sociale del Veneto, sia oggi a rischio di scomparsa.
Scritto da: Redazione
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