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Tra il 2025 e il 2029, oltre 291.000 lavoratori veneti lasceranno il mondo del lavoro per andare in pensione, pari a circa il 13% della forza lavoro regionale. Lo rileva l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, sulla base dei dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere in collaborazione con il Ministero del Lavoro.
Si tratta di un fenomeno senza precedenti che avrà conseguenze sociali, economiche e occupazionali di grande portata. La maggior parte dei pensionamenti riguarderà il settore privato, con 164.400 dipendenti da sostituire entro il 2029. Gli imprenditori veneti, già oggi in difficoltà nel reperire personale qualificato per fabbriche e cantieri, dovranno affrontare un’ulteriore carenza di manodopera altamente specializzata.
Secondo la CGIA, le regioni più colpite in termini assoluti saranno Lombardia (567.700 uscite), Lazio (305.000) e Veneto (291.200). La difficoltà maggiore riguarderà le aziende private, dove l’invecchiamento della forza lavoro è evidente: l’indice di anzianità nazionale, pari al 65,2% nel 2023, evidenzia che ogni 100 dipendenti under 35 ce ne sono 65 con oltre 55 anni.
La carenza di personale giovane e qualificato rischia di generare tensioni occupazionali: le aziende saranno costrette a competere tra loro per i migliori dipendenti, offrendo aumenti salariali significativi e dando luogo a dinamiche di mercato molto complesse.
Il fenomeno dell’anzianità riguarda soprattutto le regioni più piccole, come Basilicata, Sardegna e Molise, ma anche il Veneto deve fare i conti con questa criticità, con un indice di anzianità del 62,7%. Secondo la CGIA, senza interventi mirati per formare e inserire nuovi lavoratori qualificati, la fuga dal lavoro rischia di compromettere la competitività delle imprese venete nei prossimi anni.
Scritto da: Redazione
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