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I contribuenti più ricchi – e allo stesso tempo più tassati – del Veneto risiedono a Padova. A rivelarlo è l’Ufficio studi della CGIA, che ha elaborato i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze relativi al 2023.
Secondo lo studio, il prelievo medio netto dell’Irpef per i padovani è stato pari a 6.098 euro, il più alto della regione. A seguire ci sono Treviso (5.701 euro), Vicenza (5.634), Verona (5.583) e la Città Metropolitana di Venezia (5.431). Più leggeri invece i carichi fiscali di Belluno (5.232) e Rovigo (4.718). La media regionale si attesta a 5.630 euro.
La spiegazione è legata alla progressività del sistema fiscale: dove si guadagna di più, si paga di più. Non a caso Padova guida anche la classifica dei redditi complessivi medi, con 27.113 euro, seguita da Vicenza (26.263), Treviso (26.172), Verona (25.792) e Venezia (25.498). Le province con Irpef più alta, dunque, coincidono con quelle dove i redditi sono maggiori e, generalmente, anche con una migliore qualità dei servizi pubblici disponibili.
La CGIA sottolinea come le differenze tra Nord e Sud restino molto ampie. Nelle 107 province analizzate, la prima del Mezzogiorno per livello di prelievo e reddito medio è Cagliari, rispettivamente al 25° e 46° posto nazionale. Nel Sud e nelle Isole oltre il 70% dei contribuenti dichiara redditi inferiori alla media italiana di 24.830 euro, con punte del 77,7% in Calabria. In Veneto la quota scende al 63,5%, pari a circa 2,39 milioni di persone.
In regione si contano oltre 3,7 milioni di contribuenti Irpef: 2,1 milioni lavoratori dipendenti, 1,2 milioni pensionati, 146.500 autonomi e 191.500 percettori di altri redditi. La provincia con il numero più alto è Verona (721.821), seguita da Padova (711.543) e Treviso (674.300).
Il Documento di Economia e Finanza 2025 stima la pressione fiscale al 42,7%, in lieve aumento rispetto al 2024. Ma si tratta di un effetto statistico: la sostituzione della decontribuzione con il “bonus” per i redditi medio-bassi, contabilizzato come spesa e non come minore entrata, fa apparire più alta la pressione fiscale. Senza questa modifica, il dato reale si fermerebbe al 42,5%.
Negli ultimi anni l’incremento della pressione fiscale è stato trainato soprattutto da fattori economici, come la crescita delle retribuzioni grazie ai rinnovi contrattuali e al maggior numero di occupati, nonché dall’aumento delle imposte sostitutive sui redditi da capitale.
Le nuove tasse introdotte dal Governo – dall’aumento della tassazione sui tabacchi e su alcuni prodotti, fino alla rimodulazione delle detrazioni fiscali e alla stretta sulle cripto-attività – hanno avuto un impatto marginale sul livello complessivo del prelievo.
Scritto da: Redazione
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