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In Italia la burocrazia continua a crescere a ritmi insostenibili, sommersa da una montagna di norme che ogni anno appesantisce la vita di cittadini e imprese. Solo nel 2024, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ha pubblicato 305 Gazzette Ufficiali e 45 Supplementi per un totale di 35.140 pagine. Se fossero state stampate, peserebbero 84 chilogrammi e, impilate, supererebbero un metro e 90 di altezza. Leggerle tutte richiederebbe un anno intero, weekend compresi.
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, nei primi nove mesi del 2025 la situazione non è cambiata: sono già 25.888 le pagine pubblicate, appena 189 in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Prima del Covid, nel 2019, erano 2.900 in meno.
Il costo della cattiva burocrazia per le imprese italiane è stimato in 57,2 miliardi di euro l’anno (fonte: The European House Ambrosetti). Rapportando questa cifra al PIL provinciale, emerge che Padova è la provincia veneta più penalizzata, con oltre 1 miliardo di euro di costi annui. Seguono Verona, Vicenza (978 milioni), Treviso (960 milioni) e Rovigo (192 milioni). A livello nazionale, il Veneto è la terza regione più colpita, dopo Lombardia e Lazio.
Il picco normativo del 2025 si è registrato il 18 aprile: il Supplemento ordinario n.13 ha contenuto 5.157 pagine dedicate agli ISA (Indici Sintetici di Affidabilità fiscale), diventando un vero e proprio “tomo” per imprese, professionisti e associazioni di categoria.
Tra le buone notizie, il Supplemento ordinario n.14 del 24 aprile ha abrogato 30.700 atti normativi risalenti al periodo 1861–1946, tra cui regi decreti e decreti del governo fascista. Un intervento che, secondo l’esecutivo, ridurrà del 28% lo stock normativo vigente e rientra negli obiettivi di semplificazione previsti dal PNRR.
Le cause principali di questa sovrapproduzione normativa sono due:
Mancata eliminazione delle norme obsolete o concorrenti.
Uso eccessivo dei decreti legge, che richiedono ulteriori provvedimenti attuativi.
Il risultato è una Pubblica Amministrazione lenta e inefficiente, che pesa soprattutto sulle piccole imprese. Inoltre, norme confuse e mal scritte alimentano incertezza e aumentano la discrezionalità dei funzionari, creando terreno fertile per episodi corruttivi e pratiche opache.
Secondo la CGIA, per migliorare il rapporto tra cittadini, imprese e PA servono:
Riduzione e miglioramento della qualità delle norme.
Monitoraggio costante dell’impatto delle nuove leggi.
Digitalizzazione completa dei servizi e interoperabilità delle banche dati pubbliche.
Modulistica standard e istanze solo telematiche.
Formazione continua per i dipendenti pubblici.
Un cambio di passo, insomma, necessario per rendere l’Italia un Paese più competitivo e meno intrappolato nella giungla normativa.
Scritto da: Redazione
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